sabato 14 novembre 2015

Qui sème le vent, récolte la tempête.



Mi si permetta una piccola e modesta riflessione sui fatti di Parigi. Indubbiamente il nostro pensiero deve andare alle vittime inconsapevoli di quanto accaduto, così come ogni giorno dobbiamo accendere un lume nella rimembranza dei siriani, palestinesi, iracheni e libici che senza colpa sono vittime di guerre locali combattute per procura, spesso proprio dai governi occidentali. Certo si parla di terrorismo, ma come configurare l'attacco immotivato alla Libia di Gheddafi, l'invenzione delle armi chimiche in possesso di Saddam Hussein, il tentativo di rimuovere Assad, e le prezzolate rivolte arabe in salsa sunnita che hanno scosso i regimi laici, non dico democratici ma almeno non teocratici, della regione medio orientale?

In uno scacchiere dove gli USA alimentano guerre locali per i loro interessi energetici politici in chiave anti Russia e Cina, l'Arabia Saudita in chiave anti Iran e Sciita, Israele per motivi geo politici (annessione delle Alture del Golan), la Francia per motivi energetici e politici (ricordiamo il finanziamento di Gheddafi a Nicolas Sarkozy), con centinaia di morti ogni giorno, quanto accaduto a Parigi era inevitabile.
Adesso Hollande, la cui fisicità ben rappresenta la nostra Europa, parla di chiudere le frontiere, di azioni militari, OVVIAMENTE supportato dagli altri politici europe
i. Domando dopo aver permesso, senza controlli, a centinaia di migliaia di profughi/migranti/clandestini di varcare i nostri confini senza censimento cosa si chiude se non l'intelligenza nel water ?
Dopo aver finanziato questi stessi terroristi, inviato sabotatori (terroristi inquadrati militarmente) nei loro paesi di origine, combattuto una guerra asimmetrica con droni, missili intelligenti, cannoniere volanti, quale ONORE E VALORE DEMOCRATICO possiamo invocare ?
Dopo avere nascosto vili interessi politici, ed economici dietro ipocrite parole quale DEMOCRAZIA E LIBERTA', cosa possiamo idealmente contrapporre alla barbarica azione dei terroristi?

Loro sono il nostro specchio deforme: vili noi nascosti dietro i nostri politici, imbevuti per comodo di falsa democrazia, folli loro dietro sure del corano, imbevuti per fanatismo di falsa religione.

Qui sème le vent, récolte la tempête.

lunedì 24 agosto 2015

Baalshamin

Viene data notizia che l'ISIS (questo ben strano gruppo terroristico che riesce a tenere in scacco gli eserciti mediorientali, che usa jeep di fabbricazione giapponese, armamenti americani e francesi, vende manufatti archeologici su ebay, e commercia in occidente il petrolio estratto dai pozzi iracheni e siriani conquistati.)  ha polverizzato uno dei principali templi della città di Palmira:  Baalshamin una sorta di Mercurio.


Non voglio qui spendere una riga sull'ovvio,e cioè che l'ISIS, può fare mettere a ferro e fuoco il medi Medioriente e il Nord Africa, in quanto è comodo ed utile strumento per una serie di potenze e gruppi di interessi che giocano a diverso livello, e con diverse prospettive (Per Israele in funzione anti Siria, per la Turchia in funzione anti Iran, per i sunniti contro gli sciiti, per gli Emirati del Golfo contro l'Iran, per gli Usa contro la Russia, ecc... ecc..) e neppure mi dilungherò su come poco basterebbe per spazzare via questa formazione che comunque necessità di mezzi pesanti, di linee di rifornimento, e di basi logistiche. Desidero piuttosto sottolineare come la distruzione di Baalshamin, (a cui seguiranno altre) rientra sia nella logica dell'ISIS, sia in quella del Nuovo Mondo che ci attende.
Per l'ISIS, anime estreme di un'estrema religione, è la rimozione di un luogo di culto pagano, che infesta e contagia la terra dell'ISLAM. Va quindi cancellato, rimosso, spazzato via, Per il Nuovo Mondo che ci attende è una memoria del passato, un'Identità Storica che non è funzionale all'uomo che verrà: egualmente livellato verso il basso, eguale consumatore, eguale centro di bisogni e asservimento.


Ecco perchè presto vedremo altri Baalshamin polverizzarsi. Certo sarà attribuita la colpa a questi rozzi, incivili, e barbari taglia gole del deserto, ma ben sappiamo che coloro che potrebbero fermare questo scempio sono gli stessi che li hanno armati. In quanto tutto questo rientra nei loro progetti: un mondo nel caos, un uomo senza memoria. Dove pochi governeranno i molti.

lunedì 10 agosto 2015

Martinismo e Via Martinista

7 Agosto 2015

Martinismo e Via Martinista vuole essere un libro che tratta non tanto della storia del N:::V:::O attraverso date e personaggi. Quanto piuttosto delle idee, dei confronti, e delle relazioni con le altre strutture iniziatiche che hanno animato il martinismo. Una storia non sempre lineare, dove la santità di alcuni è stata bilanciata dall'appariscenza e dall'ego di altri, che si è dipanata in confronti e rotture per giungere fino a noi. Particolare attenzione è stata data ai rapporti fra Francesco Brunelli e il mondo Kremmerziano, alla Chiesa Gnostica, e all'archetipo sacerdotale martinista, così come alle luci ed ombre di certi personaggi del martinismo francese. Sono riportati, ed analizzati, stralci del pensiero di alcuni G.M. del martinismo italiano.
Il Libro è composto da seguenti capitoli: 
5 Introduzione
13 Cos’è il martinismo
30 La natura del rapporto iniziatico martinista
39 Chi ha fondato il martinismo
58 Il martinismo è ordine cristiano
68 Martinismo e massoneria
86 L’archetipo sacerdotale martinista
96 Le donne iniziatrici
145 La formula pentagrammatica
167 Chiesa gnostica e martinismo
178 L’ermetismo kremmerziano e il martinismo
189 La questione Eletti Cohen
200 I colori del martinismo
206 Eggregore martinista
219 Conclusioni

E' possibile trovarlo al seguente indirizzo: http://www.lulu.com/spotlight/lachimera70

ed invito a consultare la pagina www.lulu.com, nel caso di interesse all'acquisto, per verificare la presenza di codici di sconto.

Fondamentalmente possiamo affermare che il martinismo è una libera associazione di uomini e donne che si riconoscono attorno ad un ideale di reintegrazione spirituale, e perseguono questo obiettivo tramite gli strumenti e gli insegnamenti propri della struttura in cui operano. Questo ideale, seppur in forme e contenuti peculiari, è presente in ogni tradizione e cultura iniziatica; ed assume nel martinismo veste simbolica, esoterica, ed operativa cristiana. In quanto il martinismo, come vedremo nel proseguimento della lettura, è Ordine Cristiano ed è quindi nei suoi simboli, narrazioni, miti, e corrente spirituale che trova impianto, fisionomia e linfa vitale la propria docetica e ritualità.
La struttura martinista, sia essa un Ordine, oppure il singolo Iniziatore, ha come finalità quella di trasmettere la forma e la sostanza della peculiare iniziazione martinista. La quale si sviluppa, a seguito di un rituale associativo, attraverso un duplice binario: la formazione filosofica ed operativa dell’iniziato alla via della reintegrazione.

A proposito della funzione dell’Ordine Martinista, scrive Nebo (Francesco Brunelli): “Voglio concludere che lo studio approfondito dei rituali di iniziazione e delle tecniche note mi fanno affermare che l'Ordine conferisce ai suoi membri: - una iniziazione oggettiva caratterizzata dall'introduzione dell'Uomo di desiderio in un nuovo mondo ed in una nuova dimensione mediante la creazione del legamento iniziatico che termina con la trasmissione del Sacramento dell'Ordine e con la potestà sacrale di poterlo a sua volta conferire.
- La possibilità di una iniziazione soggettiva, realizzantesi cioè in virtù del lavoro e delle applicazioni pratiche dell'iniziato che lo porta sino alla soglia dell'Adeptato, sino cioè alla soglia della realizzazione ultima. Qui finisce la missione dell'Ordine Martinista. Tale missione si estrinseca mediante:
a) la trasmissione fisica da Iniziatore ad Iniziando delle energie eggregoriche, che avviene durante i differenti riti di Iniziazione (il legamento); b) la trasmissione di una dottrina che è quella contenuta nei rituali e che deve essere sviluppata da ciascuno mediante una ricerca, uno studio ed una applicazione costante; c) il simbolismo che rinserra parte della dottrina e parte delle tecniche, prima tra queste la introspezione, la purificazione, la meditazione ecc...; d) i riti di catena (che possono essere variati in ogni momento senza pertanto comportare una variazione nella sostanza e nello scopo dei riti di catena stessi) con l'inevitabile effetto traente dell'Eggregoro e la rivelazione degli Arcani; e) i riti individuali trasmutatori dopo la rivelazione. Questa è la nostra risposta alla domanda: "Dove porta il Martinismo?"

TOMBA ILDEBRANDA

La Tomba Ildebranda, il nome dato dagli scopritori, non ha nessuna relazione con il sito archeologico; si trova fra le colline di Sovana, al termine della via Cava del Cavone. (Vista questo mio articolo)

Il luogo è un'enorme realizzazione dell'ingegno umano, che grazie al lavoro di abili artigiani, ha dato forma ai propri sogni nella viva roccia, a perenne memoria della cultura e del popolo che lo ha espresso. Questo complesso monumentale, è stato scoperto in epoca relativamente recente, nel 1924, e i vari studi compiuti, le incisioni, le iscrizioni le tecniche di lavorazione della pietra, portano ad una sua collocazione risalente al III°-II° secolo a.C.; quindi in epoca definita ellenistica.Osservando i fregi salvati dall'usura del tempo, e dall'incuria dell'uomo privo di memoria e dignità, e la realizzazione ad anfiteatro è ben difficile non credere a tale ipotesi. Per l'importanza archeologica che riveste, e per la memoria simbolica e culturale che permane nel luogo, è considerato il più importante monumento etrusco.
Una spianata accoglie il viaggiatore, che si trova innanzi ad una realizzazione a gradoni, la cui sommità è occupata dal tempio, posto lungo una direttrice solstiziale. Il carattere Solare del sito archeologico, è altresì comprovato dai resti di dodici colonne, che reggevano gli architravi del Tempio, e oggi testimoniate da un'unica superstite. Tre scalinate si snodano alla vista di colui che è posto in posizione frontale al corpo del sito. La prima, in corrispondenza della porta del Tempio scende nelle viscere della terra, ricordando, per uno strano moto dell'animo, la discesa negli Inferi, le altre due sormontano l'ultimo gradone, portando nello spazio dove i sacerdoti svolgevano i pubblici riti. Tutta la struttura induce a ritenere che in occasione delle cerimonie, una grande folla si radunasse a tributare onore agli Dei, deputati a preservare la ciclicità del Tempo, e che libagioni accompagnassero i riti. Quanto sormonta le colonne, le incisioni sottostanti l'architrave, il  pronaos, si manifesta come con soffitto a cassettoni, formato da forme rettangolari racchiuse l'una nell'altra, come a rappresentare un perenne glifo della dimensione umana (microcosmo), della natura (mesocosmo), e della dimensione ontologica (macrocosmo).
  

Dei fregi, che si presume, dovessero adornare le arcate del tempio, dalla furia degli elementi oggi si salva solamente un frammento (immagine a lato)
collocato lungo lo sviluppo sinistro della sommità dell'edifico.  E' possibile notare una varietà di figure mitologiche ( Sirena a due code, Ippogrifi, Dragoni ), le quali - seppur nell'apparente diversità -  presentano un tratto comune: la poliedrica composizione, e quindi si possono annoverare nella categoria delle chimere. Tale parto della feconda capacità immaginifica dei nostri Antichi Padri, è tesa a rappresentare un essere ( sia umano che animale ), che in sè raccoglie le qualità di creature presenti in natura.
Ragionevolmente possiamo supporre che siamo alla presenza di realtà poste al confine fra il mondo del sensibile, e quello del sovra-sensibile ( guardiane della soglia che separano il conscio dall'inconscio ), e quindi mediatrici fra gli uomini e il mondo delle divinità, in altri termini creature psicopompe ( dal greco psychopompós, composto da psychee pompós, 'che conduce' ), che conducono l'uomo nei meandri dell'intimo,ma non è altrettanto lecito esaltare una di queste figure, per potere determinare la valenza operativa ( i riti di cui era sede ) del tempio. Questo perchè non molto si è salvato, come detto, e quindi non sappiamo se le rappresentazioni fossero presenti sulle altre volte, e certo la posizione laterale di questo sopravvissuto fregio non ci è d'aiuto alcuno, per considerazioni aventi carattere generale. Per concludere l'esame del fregio, un'attenzione particolare merita la Sirena a due code, che sorregge, presumibilmente dei fiori (simbolo ricorrente in alchimia: ciò che è bello e nasce dalla terra), che può essere relata alla Melusina gnostica, simbolo della capacità di ri.:.unificare ogni coppia di opposti, all'interno di una sfera ontologica per sua stessa natura non scindibile, ma anche archetipo della rinascita dalle acque, e della trasmutazione di quello stesso elemento: l'Uomo Nuovo che risorge dalla precedente condizione bestiale.
Si sbaglierebbe a credere che il Tempio, si sviluppi solamente in superficie, e che il paziente lavoro degli scalpellini si sia arrestato alla nuda roccia di tufo che dalla terra si staglia quasi a lambire il cielo. In quanto le sorprese sono riservate anche a chi ha la pazienza e la ventura ( nei giorni di pioggia tale luogo è impraticabile ) di visitare anche il sottosuolo. Dal piano in superficie, una non modesta gradinata ci conduce nel ventre della terra, dove abilmente è stata realizzata una stanza che si mostra su pianta che ricorda una croce dalle braccia eguali. Ufficialmente gli accademici, sono concordi nel considerare questa essere una tomba di qualche illustre personaggio ( sacerdote o potente regnante ), ma la storia non fornisce nessun indizio suffragante tale ipotesi. Non sono stati ritrovati resti, non vi sono altre camere funerarie poste ai lati, come da tradizione etrusca, e il viatico che conduce al luogo è ben visibile, e nessuna pietra è stata trovata ad ostruire in nessun modo l'ingresso. Ci troviamo quindi in quel luogo d'ombra dove ogni ipotesi è valida, ed un approccio monocorde deve cedere innanzi ad una visione omnicomprensiva, che tenga in debito conto l'aspetto storico, religioso e magico.

  La forma della stanza, la posizione della stessa, perfetto sviluppo occulto del Tempio manifesto, portano a ritenere che più di una tomba, siamo in presenza di un luogo dove, lontano dagli occhi dei profani, venivano celebrati riti di iniziazione, così come in uso nella Grecia, e di cui tutta l'architettura del luogo serba evocativo ricordo. Quale luogo migliore se non quello posto in posizione intermedia fra il ventre della Terra, e il Cielo, dove il Tempio di superficie, con le sue dodici colonne, svolgeva funzione di enorme catalizzatore, se non la cripta sotterranea per abbandonare, durante la discesa, la vita comune, e risorgere alla luce solstiziale come nuovi uomini, conoscitori di quanto si cela nelle profondità dell'animo umano, e negli impervi e perigliosi meandri della mente ?   L'unico interrogativo che si apre, all'uomo di conoscenza, non è tanto credere che questa fosse la funzione del Tempio, ma quanto il sapere quale tipologia di riti, di cerimonie venissero ivi svolte: se, a completamento di un'iniziazione manifesta e solare, ve ne fosse un'altra, complementare, lunare o dionisiaca, e personalmente propendo per questa seconda soluzione.

Malgrado che attualmente, per colui che si lascia fermare da un divieto, il DROMOS (corridoio di accesso) di oltre 12 metri non sia visitabile, posso garantire che la sensazione di sacralità che da esso emana è ancora avvertibile. 



Sovana, la Necropoli Etrusca

10 Agosto 2015,

Alle volte la storia, il caso, e il ricordo, ci portano a ripercorrere vie già calpestate. Così una serie di accadimenti mi hanno riportato a Sovana e alla sua bellissima Necropoli Etrusca. Le colline dai tratti aspri, come il carattere degli abitanti della zona, nascondono, fortunatamente, questo tesoro del nostro passato.

In una calda giornata di agosto non eravamo più di 20 intenti a curiosare nel sito archeologico, il quale si articola su di un perimetro che abbraccia quattro dorsali collinari.

Alla destra della biglietteria troviamo la suggestiva VIA CAVA DI POGGIO PRISCA. Le vie cava costituivano il raccordo viario fra gli insediamenti etruschi, e la necropoli. Ovviamente se ciò rappresentava l'aspetto pratico, non va
scordata la loro funzione religiosa e rituale. Era attraverso questi ancestrali anfratti, dove giorno e notte si confondono, che gli antichi abitanti di queste terre processionavano verso il centro del loro mondo sacro. Ricordo ancora oggi le forti sensazioni che mi furono donate nel percorrere queste vie, in una lontana notte di 12 anni fa. Dove il passo era rischiarata da una semplice candela. Confronto ciò a tanti rituali moderni e contemporanei, e mi assale un senso di sconforto e di tristezza per questi miseri simulacri di ciò che fu, e che non è proprio a causa dello scollamento tradizionale e spirituali dei loro "animatori".

Prossima alla Via Cava abbiamo la Tomba di Pola. Un tempo maestosa, risale al terzo secolo avanti cristo, dell'antico splendore conserva solamente una parziale rimembranza. Solamente una delle otto colonne persiste, al degrado del tempo e all'incuria degli uomini.

Sposandoci adesso sulla sinistra, ripercorrendo a ritroso il cammino compiuto, troviamo la maestosa Tomba Ildebranda, di cui parlo in un prossimo articolo visto che merita tutta la nostra attenzione. In prossimità ad essa si snodano una serie di tombe a dado e semidado, alcune delle quali offrono anche cavità adatta a raccoglierci in meditazione, e pronti a ristabilire un contatto con le nostre antiche origini, o almeno ad immergerci nella storia che fu.

Recentemente è stata scoperta la Tomba dei Demoni Alati. A mio parere mai un nome fu così errato, visto che le statue rinvenute ricordano più dei tritoni alati, che non dei demoni. Del resto la cultura etrusca, in se crepuscolare, era incentrata nel rapporto fra vita e morte e popolata di animali psicopombi (in grado di traghettare gli uomini dal mondo della luce a quello delle tenebre e viceversa). Devo ammettere che la visione di queste possenti sculture in tufo ha un certo fascino, e meriterebbe una più approfondita analisi, che non può essere qui raccolta..

Procedendo a ritroso, uscendo dalla zona raccolta (si fa per dire) dall'area archeologica, troviamo a 200 metri una cappelletta dedicata a San Sebastiano. Oltre ad offrire un ottimo luogo di ristoro, da essa è possibile giungere ad altre tre meraviglie dell'arte sacra etrusca.

La prima è la Via Cava di San Sebastiano, molto più breve della precedente, e ostruita in diversi punti. Ma semplicemente maestosa, con i suoi giochi di ombre, i cambi di passo e direzione, e il vento che in esso si incanala.

Ancora troviamo una serie di tombe scavata laddove la collina trova cimento con il terreno, oppure a metà di essa. Questo passaggio è preparatorio per giungere innanzi alla Tomba della Sirena a due code. Anch'essa evidentemente essere magico che è ponte fra i due mondi: quello del conscio e quello dell'inconscio.

L'ingresso al Parco Archeologico costa 5 euro, e vi posso assicurare che ne vale la pena.




Alcune Immagini:






mercoledì 7 gennaio 2015

TOIANO (PISA) PAESE FANTASMA

04 Gennaio 2015,
« Toiano Moderno è un piccolo castello, posto sur un altro scosceso poggetto, o verruca, fornito de' medesimi strai di ghiaia impietrita, sopra de quali sono fondati gli edifizi. Il più curioso si è, che il dorso di uno di essi strati grosso quasi un braccio, serve di ampio pavimento d'una strada, che dalla Pieve conduce al Castello »
(Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana di Giovanni Targioni Tozzetti)
In una fredda mattina di gennaio, coronata da un cielo limpido e luminoso, abbiamo abbandonato la strada provinciale 105, per risalire una delle molteplici colline che costellano il paesaggio toscano fra Pisa e Firenze. Strada vicinale non asfalta, numerose buche e dislivelli, impegnativa per colui che si cimenta per la prima volta nei suoi tornati. Terminato un calvario di circa 4 km, pregando per la coppa dell'olio, il semi asse, la carrozzeria, mentre al contempo mi chiedevo come mai non ero rimasto a curare il giardino a casa, ci ritroviamo sulla sommità di questo poggio in tufo. Il panorama sapientemente si articola in balze, tipiche del paesaggio volterrano, e nella colline fra Pisa e Firenze. Qualche cipresso, del vicino ed antico cimitero, rompono la rudezza della natura circostante.
Abbandonata la macchina, in una delle tante rientranze, proseguiamo a piedi cogliendo alla nostra sinistra il cimitero del borgo. Silenzioso, ordinato, capace di conservare  il fascino dei suoi marmi di variegati colori malgrado l'evidente rovina che inesorabilmente lo ha colto. Su sviluppo est - ovest infonde silenzio, ed è possibile notare ancora la presenza di qualche visitatore, memore di antichi e mai recisi affetti, che ancora lascia fiori quali dazio alla propria rimembranza.
Proseguendo troviamo, dopo una svolta, la Chiesa alla nostra destra. Chiusa al pubblico da un portone che certo non trasmette efficienza e resistenza, anch'essa è colpita dall'abbandono ed è preludio e monito di quanto troveremo oltre.
Un ponte, che anticamente era ponte levatoio a testimonianza dell'affetto e della cortesia che i toscani usano riservarsi fra loro, malandato si offre al nostro passo.
Superato il viatico/ostacolo entriamo nel paese. Lo spettacolo è quello di un degrado avanzato, framezzato da qualche tentativo di ristrutturazione che negli anni anime pie ed ottimiste hanno cercato di opporre all'ingordigia del tempo.
Notiamo che un'abitazione all'ingresso del paese è in ottimo stato manutentivo, ed intuisco che un tempo era la casa prominente la porta del borghetto vista la mezza volta in mattoni che ancora resiste.
Poco oltre una molteplicità di ciotole piene di pane si offrono alla colonia felina, per il resto un'ampia desolazione. L'unica via del paese è soffocata da cadenti strutture, che qualche ottimista spera di vendere costellandole di cartelli VENDESI. Transenne, reti, avvisi di pericoli sono ovunque ricordando la poca sicurezza del luogo. Molte delle abitazioni hanno catene alle porte, lucchetti, ma ben si intuisce che sono effimere protezioni viste le condizioni generali del luogo.
L'idea che traspare è quella di un borgo abitato da alcune decine di nuclei familiari che rispetto ai parametri del tempo dovevano essere benestanti, rispetto alla media della popolazione. Le case sono tutte su due livelli, dove al pianoterra vi erano le poche botteghe, le rimesse per gli attrezzi, il rifugio per gli animali, e il riparo per le derrate alimentari. Gli ambienti ampi, molte finestre e spessi muri in pietra e mattoni.
Lo stato conservativo delle abitazioni suggerisce che il paese è stato abbandonato fra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso.


Poco avanti uno spiazzo che un tempo doveva essere il centro della vita del paesetto, e quando disperiamo di trovare segni di vita, individuiamo una baiadera ristrutturata recentemente. Un moderno eremita abita nel borgo fantasma. Sicuramente la pace, la tranquillità, e il decadente fascino del luogo culleranno il suo riposo ristoratore. Osservando meglio però intuiamo che oltre a questo residente perenne, alcune abitazioni, con le facciate e i tetti in buono stato manutentivo, sono sporadicamente abitate. Anche se oltre alla nostra autovettura notiamo solamente un'altra macchina. C'è vita. 
Prima di volgere altrove il nostro passo un pensiero a questo borgo. Lo ringraziamo per essersi materializzato nel nostro presente dalle ombre del passato.
NOTE STORICHE

Sorge a sud-est di Palaia, tra i corsi dei torrenti Chiecinella e del Roglio, principale affluente del fiume Era. Il torrente Carfalo divide il paese di Legoli da quelle di Toiano e di Montefoscoli, scorrendo da est a nord.
Le sue origini risalgono all'alto medioevo, e la struttura del paese resta quella di un castello, a cui si accede tramite un ponte, forse in origine un ponte levatoio.
Inizialmente sotto il dominio lucchese, passò poi sotto i pisani e nel 1362 sotto l'egemonia fiorentina, grazie all'azione del condottiero Rodolfo II Da Varano, il quale dopo aver vinto l'assedio, prese una campana della rocca e la inviò come trofeo a Firenze, dove fu posta nel ballatoio di Palazzo Vecchio. Nel 1364 il paese (da allora detto "Toiano Vecchio") fu distrutto dai fiorentini e il territorio venne restituito ai pisani, in seguito agli accordi di pace tra le due città.
Gli abitanti di Toiano ricostruirono nuovamente il villaggio (da allora detto "Toiano Nuovo"), ma nel 1406 si arresero nuovamente al dominio di Firenze.
Il paese è oggi disabitato ed è stato segnalato al FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) nel censimento dei luoghi del cuore da salvare. Vi è inoltre una chiesa sconsacrata risalente all'XI secolo, costruita a pietre quadre regolari e dedicata a San Giovanni Battista.
È situato in una zona di notevole interesse paesaggistico, tra l'area palaiese e quella volterrana, tra le colline pisane e i calanchi di sabbia che sconfinano nelle balze della zona intorno a Volterra.
Il paese è inoltre tristemente ricordato per l'omicidio Elvira Orlandini, detta la "bella Elvira", una giovane ventenne che fu trovata sgozzata nei boschi circostanti e la cui uccisione rappresentò un caso mediatico nel 1947.
Del borgo si è parlato anche alcuni anni fa grazie ad Oliviero Toscani che, dedicando a Toiano un concorso fotografico, rese plausibile la prospettiva di far tornare la vita nell'antico borgo.