giovedì 23 marzo 2017

"In ogni caos c'è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto."

"In ogni caos c'è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto."(Carl Gustav Jung)

Ordine e Disordine sono un percepito della nostra mente. La quale oscilla perennemente in un flusso magnetico bipolare (bianco/nero, luce/tenebra, buono/cattivo, ordine/disordine). In realtà lo spazio non è organizzato o disorganizzato, lo spazio è tale. Siamo noi che lo raffiguriamo (causa un nostro deficit percettivo/cognitivo) prossimo all'uno o all'altro stato. A riprova di ciò basti pensare, come nel volgere di pochi istanti una situazione a noi favorevole possa essere poi letta come ostile e viceversa. Oppure l'estrema aleatorietà di ogni umana azione o intendimento.
Da tale stato di cose dovrebbero emergere alcune riflessioni di accompagnamento per una vita consapevolmente vissuta.
1. Ogni nostra organizzazione e lettura dello spazio (e dei pesi/misure/leggi che lo governano) è comunque e quantunque arbitraria con ciò che ne consegue.

Avendo delle facoltà limitate, ed essendo parte del sistema insieme, non abbiamo la capacità di cogliere l'interezza del problema e dei fattori visibili ed invisibili che in esso producono causa ed effetto. Discende inevitabilmente che ogni sistema religioso/filosofico/iniziatico qualora pretenda di essere "verità", e non elemento docetico rappresentativo, è fallace ed illusorio.

2. Modifichiamo il nostro sistema percettivo/cognitivo e modificheremo la lettura e le conseguenti azioni/reazioni allo spazio circostante.

Il nostro sistema percettivo (lettura della "realtà" circostante e successiva analisi e risposta ad essa) è al contempo hardware e software biochimico. Modificando l'uno e l'altro si perverrà alla modifica della sua capacità di lettura e di risultato. Pensiero laterale, pensiero disgiunto, meditazione, parole sacre, delimitazione diversa dei fattori ecc.... produrranno sensibili modifiche del nostro sussistere ed insistere in questo insieme.

3. L'unico ordine che possiamo anelare è quello interiore (pilastro centrale).

Una vita consapevole è una vita che accetta l'arbitrio e l'aleatorietà degli eventi. Al contempo, invece di crollare in una cieca depressione o in qualche forma di nevrosi, è consapevole che tutto ci può essere tolto all'infuori che la presenza a noi stessi. IO SO CHI SONO. IO SO CHI NON SONO.

4. Un nuovo ordine passa inevitabilmente da una disorganizzazione di quello precedente.

Inevitabilmente ogni nostro reale tentativo di modificare un equilibrio, sia esso effimero ed illusorio, sfocerà in un'azione di forza e di rottura del medesimo. E' suggestione tipica dei tempi contemporanei pensare che un cambiamento possa essere indolore e guidato. Chi detiene una rendita di posizione un privilegio (sia esso un singolo, un gruppo o una porzione psicologica) non troverà mai utile privarsene per il semplice beneficio altrui.




domenica 5 marzo 2017

L’acquisizione di un grado di iniziazione non può essere concessa da nessuno


"L’acquisizione di un grado di iniziazione non può essere concessa da nessuno, ma si conquista da se stessi: consegue a ciò che i gradi concessi da chi s’illude o pretende di aver il potere di farlo, non rappresentano in nessun modo l’acquisizione di una maggior conoscenza in campo iniziatico o tradizionale e, quel che più conta, di avvicinamento alla realizzazione, ma sono – nella migliore delle ipotesi – soltanto un incarico, quando non sono un’espressione di ottusa condiscendenza e di sciocca vanità da parte di chi il grado concede."
Gastone Ventura - Mentalità tradizionale e Tradizione ermetica

Credo, e perdonate questo mio ardire, che in tali parole di Gastone Ventura vi sia molto su cui riflettere per l'autentico cercatore di verità e conoscenza. Parole, purtroppo, oggi dimenticate, specie in un mondo dove la ricerca del plauso e dell'ostentazione ha sostituito l'umiltà della verità.

Preliminarmente è utile aver presente come l'Uomo, Gastone Ventura, fosse all'apice di strutture iniziatiche a carattere massonico e non solo massonico. Malgrado il suo apparente interesse (taluni questo interesse purtroppo lo conoscono fin troppo bene) nel perorare la causa della sacralità e della coincidenza fra forma iniziatica rituale e sostanza iniziatica individuale, egli asserisce esattamente il contrario.

"L’acquisizione di un grado di iniziazione non può essere concessa da nessuno, ma si conquista da se stessi"

Nessun uomo può dare ad altro uomo, quanto quest'ultimo non è in grado (per mancanza di volontà o di capacità) di conseguire da se stesso. Coloro che illudono, e si illudono, del contrario sono degli sprovveduti, nel migliore dei casi, o dei truffatori nel peggiore. Basta osservare il desolante panorama che molteplici perimetri iniziatici ci offrono, per comprendere come il rito e il grado sono solamente strumenti inerti. Che spesso determinano l'esatto effetto contrario. L'accrescimento dell'Ego e di quei difetti a parole tanto biasimati.

"consegue a ciò che i gradi concessi da chi s’illude o pretende di aver il potere di farlo, non rappresentano in nessun modo l’acquisizione di una maggior conoscenza in campo iniziatico o tradizionale"


In assenza di lavoro retrospettivo, introspettivo e meditativo. In assenza di una chiara visione dello stato dell'individuo, in carenza di una prospettiva e in mancanza di sacrificio (sacro-fare) cosa abbiamo se non una parodia? Solamente gli schiocchi non si accorgono di come molti calunniano di notte e pontificano di giorno. In totale discrepanza con quanto asserito e quanto richiesto dalla via e dalla tradizione che intendono testimoniare.





Gastone Ventura non si lascia confondere dalla CANTILENA DEI NUMEROSI IO, dalla NOVELLA dell'uomo che risveglia l'uomo e dal CENSORE della di ciò che è o non è tradizionale ed iniziatico. Egli ricorda che è l'uomo che "acquista un grado di iniziazione". Aggiungo io attraverso la comprensione di se stesso, attraverso le prove interiori, attraverso la consapevolezza della vacuità e dell'effimero delle cose tutte (e quindi anche di se stesso).
Ecco.... chiedevo..... non è che l'attuale degrado delle istituzioni religiose, iniziatiche e sociali dipenda proprio dalla mancanza di adesione a questa etica del sacrificio e della ricerca interiore? Una ricerca interiore e un'etica tradizionale che sono state sostituite dall'ostentazione di carta e pergamene vagamente colorate. Attraverso cui sostituire l'autorevolezza del divulgatore e dell'iniziato con specchietti per le allodole.

Vediamo oggi come il carrierismo iniziatico sia qualità apprezzata. Fratelli che tradendo altri fratelli acquisiscono un grado, una sciarpetta, un mezzo incarico, una comparsata innanzi ad una platea svogliata oppure la promessa della pubblicazione di un libro.
E' questo oggi il palcoscenico di una Vita che è divenuta prima commedia e poi tragedia.

eremitadaisettenodi@gmail.com






sabato 4 marzo 2017

Maestro e Discepolo



Occorrono molto tempo e molte pene per imparare che non sappiamo niente, che non possiamo niente, che non siamo niente da noi stessi, ma che sappiamo tutto e possiamo tutto in Dio (Louis Cattiaux, Il Messaggio Ritrovato)

Quante volte è capito di leggere, di udire, qualcuno asserire che nella mia vita non ha mai incontrato un vero maestro?

Quante volte abbiamo letto, sentito parlare, taluni che si professano "maestri" in virtù di qualche discendenza, di qualche lustrino o di qualche pezzo di carta assunti e pretesi come prova del loro reale valore? Abbiamo mai sentito, o letto, io sono un pessimo discepolo, oppure io sono ciò che sono in virtù del mio percorso di vita? Raramente.

Eppure..... 


Eppure bisognerebbe ricordare che se da un lato il percorso è sempre e comunque individuale, in quanto ognuno di noi si pone individualmente innanzi alle cose di questo mondo, dall'altro è necessario tener presente che il rapporto fra "maestro" e "discepolo" è unico e particolare. Un dinamico equilibrio in perenne mutamento. L'uno si riflette nell'altro ed entrambi si sospingono verso nuovi traguardi dell'intelletto e dello spirito: fino alla reciproca liberazione dal rapporto. 


Liberazione che giunge quando il discepolo avrà acquisito la propria maestria interiore e il maestro sarà stato a sua volta pieno e consapevole discepolo del proprio spirito di servizio.


Ecco quindi che il vero maestro non è colui che si siede sullo scranno, in genere di carta e fumoso, ma colui che trasmette degli strumenti, che inserisce all'interno di un perimetro tradizionale, erudisce all'arte che gli è propria e trasmette il proprio esperito di vita. 

Tutto ciò senza volontà di prevaricazione, senza volontà di dare vita ad un riflesso di se stesso... semplicemente ricordando quello che è stata la sua esperienza lungo le impervie vie dello spirito. Nelle quali è maggiore il giovamento che si trae dal cadere e dall'apprendere dagli errori, piuttosto che dal sordo orgoglio della cantilena infinita degli IO, delle parole imputate a persone passate oltre il velo e da assunti indimostrati ed indimostrabili.
Taluni tendono a dimenticare, purtroppo per loro, che la dimensione Incognita che l'Iniziatore assume non è tanto quella del mascheramento del proprio nome. Quanto piuttosto quella del porre da parte il proprio ego, in modo da permettere a colui che si affida il giusto tempo e spazio di maturazione. 

Il Maestro non cerca un ruolo nella ribalta del palcoscenico del mondo. Tale aspirazione viene lasciata ai commedianti di seconda fascia. Il Maestro, colui che trasmette rudimenti ed insegnamenti, sa che mille piccole luce nella notte orfana di luna rischiarano anche la più profonda tenebra.


Al contempo il discepolo deve essere pienamente consapevole che la via non è la riproposizione del passo altrui, non preserva dagli accidenti della vita e non compensa frustrazioni e colma aspettative. La via è un'adesione ad una prospettiva, un lento e continuo cimento su noi stessi. La via è "cambiare" noi stessi in noi stessi.


Attenti quindi a quei discepoli che saltano continuamente da un percorso all'altro. 

Attenti a quei "maestri" che confondono e spingono il discepolo a comportamenti che niente hanno di iniziatico.

giovedì 2 marzo 2017

Le mille maschere della codardia social

Alcuni, Diversi,Tanti nel mondo della socialità virtuale, e taluni di questi li conosco personalmente, sono ribelli di carta, guerriglieri di nebbia contro il sistema.... 

Scrivono cose terribili e auspicano cose ancora più orrende quando trattano di politica, religione ed economia. Le loro parole sono taglienti e piene di disprezzo. Essi si lasciano andare ad iperbole sarcastiche contro coloro che a loro avviso detengono il potere e tramite queste potere affossano la società e il benessere dell'uomo.
Purtroppo questo spirito battagliero, quest'anima di novelli Savonarola, è occultata, nascosta, dietro dei roboanti nickname. Onde, dicono loro, sfuggire alla polizia del sistema, oppure come dico io salvaguardare il proprio interesse privato di tutti i giorni, evitare lo scomodo giudizio altrui e non rinunciare a qualche comoda amicizia.

Altri ancora parlano di esoterismo e di ricerca spirituale, di come ciò conduca alla libertà individuale da ogni prigionia della mente e dello spirito. Dispensano giudizi morali ed etici attorno a cosa è giusto fare nella vita di tutti i giorni, quali comportamenti tenere, cosa pensare e come relazionarsi. Ti indottrinano su quali autori leggere, quali biasimare e come indirizzare il passo lungo la via del divino. Sembra quasi che dispongano del manuale del perfetto illuminato. 
Purtroppo, molti fra essi, hanno la tendenza a camuffarsi dietro nomi fantasiosi o di qualche maestro del passato. Onde, dicono loro, preservarsi il lavoro o non sconvolgere parenti ed amici. 
E' libertà questa? Oppure è codardo comodo? 
Può colui che ha mille maschere puntare l'indice sul volto pubblico altrui?

Orbene dico io, se la vita deve essere un nascondersi, un gettare il sasso e nascondere la mano, paludarsi dietro mille maschere e appellarsi riesumando morti essa non è tale. Più semplicemente siamo in presenza di una commedia, di una recita teatrale. Dove solamente gli stolti e gli sprovveduti ricavano effimera gratificazione. 

Vi sarà sempre una superiorità morale, una diversa antropologia spirituale e psicologica, fra colui che si nasconde e pontifica e colui che si palesa e crea ponti. Malgrado le guerriere parole e gli aulici scritti il primo sarà sempre un vile che non riesce neppure a guardarsi nello specchio, se privato della sua carnevalesca illusione.

Colui che desidera cambiare, se stesso o il mondo, deve guardare in volto le proprie maschere interiori, e non celarsi dietro l'ennesima mortifera effige.