Colui che vede nella pratica spirituale, un percorso che necessariamente si debba svolgere da un punto A di partenza, ad un punto B di arrivo, generalmente, dopo un lasso di tempo, scivola o in uno stato di depressione, o in uno stato ossessivo.
Di depressione in quanto l'obbiettivo posto, ad esempio la redenzione o la rimozione di ogni difetto, risulta essere ben lontano dal conseguirsi. Ecco quindi che ogni pratica sembrerò inutile, che le risorse impiegate saranno sempre poche, fino a giungere al punto in cui rivolgerà contro se stesso la crescente frustrazione.
Oppure il praticante scivolerà lentamente in uno stato ossessivo, in quanto ogni sua azione ed espressione di vita sarà arsa in vista dell'obbiettivo. E quanto più sfuggente ed impalpabile esso sarà, quanto più la persona si brucerà come una candela per far ardere questo fuoco.
Spesso questi due stati possono presentarsi come ciclici. Una persona inizialmente ossessionata dall'idea, cade in uno stato depressivo, nel momento in cui si rende conto dell'impossibilità di raggiungere l'obbiettivo posto. Creando così un circuito che è difficilmente spezzabile, anche perchè in genere le persone che lo circondano o sono esse stesse parti di questa vera e propria psicosi spirituale, o classificate come ostili al progetto redentivo.
In genere consiglio sempre di guardare con sospetto gli ambiziosi traguardi, e concentrarsi su propositi apparentemente limitati: La concentrazione, il controllo del respiro, la salvaguardia delle energie. Traguardi necessari sia per stabilire un corretto rapporto fra noi e il nostro mondo interiore, sia perchè necessari tasselli verso la ricomposizione di quel mosaico chiamato Uomo.
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