“Nel gregge della fatalità non cadono i teurghi.” (Oracoli caldaici, frammento
153.)
«La Magia Cerimoniale è una operazione con la quale
l’Uomo cerca di costringere, con il gioco stesso delle Forze Naturali, le
Potenze invisibili dei diversi Ordini ad agire secondo ciò che da esse
richiede. A questo scopo, le afferra, le sorprende, per così dire, proiettando
delle Forze di cui egli stesso non è padrone, ma alle quali può aprire delle
vie straordinarie, in seno stesso della Natura. Donde Pentacoli, sostanze
speciali, condizioni rigorose di Tempo e di Luogo che occorre osservare pena i
più gravi pericoli. Poiché, se la direzione ricercata è un pochino imperfetta,
l’audace è esposto all’azione delle “Potenze” nei cui confronti non è che un
granellino di polvere... » (Charles Barlet: l’«Initiation», numero di Gennaio 1897).
Originariamente la Teurgia
(dal greco antico θεουργία theurghía) era un’arte riservata ai
sacerdoti[1],
attraverso la quale si anelava alla manifestazione della divinità su questo
piano. Ciò poteva avvenire sia cercando di far precipitare la divinità
all’interno di un corpo, in genere una statuetta di creta, inanimato, oppure
all’interno di un essere umano. Entrambe le operazioni si articolavano in
complessi rituali cadenzati da solenni gesti, profonde orazioni, simboli magici
e preceduti da immancabili purificazioni. Attorno al reale valore della Teurgia
molto ci lascia intuire il significato
di questa parola, che altro non è che “opera attraverso Dio” oppure “opera per
mezzo di Dio”.
Ecco
quindi quella che dovrebbe essere, se correttamente compresa, la profonda
differenza fra Teurgia e Magia. Mentre la seconda opera, attraverso le forze
naturali, volta al fine di conquistare un vantaggio personale, la Teurgia si
compie tramite l’assistenza del divino e non ha finalità egoistiche.
Come
già accennato in precedenza l’assenza di tale comprensione, il volgere la
Teurgia a finalità personali, comporta inevitabilmente il suo declassarsi ad
operazione magica. Mi permetto, giunto a questo punto, di spendere ulteriori
considerazioni per meglio chiarire la questione di cui stiamo trattando.
In
tutta l’arte magica, dove con tale termine si intende la capacità di operare
modifiche nel nostro tempio interiore o nel mondo quaternario, la reale
differenza, fra le varie scuole, non attiene al tipo di strumenti utilizzati,
quanto piuttosto alla prospettiva con cui si opera. La prospettiva della
Teurgia non è il vantaggio personale, specie quando non dovuto e neppure il
danno altrui; quanto piuttosto operare in conformità alla legge divina per la
propria reintegrazione e per la Gloria dell’Essere Supremo ed Immanifesto[2].
Questa
è la Teurgia, ed è per tale motivo che l’annovero non tanto nelle pratiche del
Mago, quanto piuttosto in quelle del Sacerdote (sacro-fare). Il Sacerdote[3]
è l’intermediario fra il Divino e gli Uomini, è animato dalla volontà di
servire, attraverso il sacrificio di se stesso, la comunità di fratelli che
attorno a lui è raccolta. Egli non può e non deve operare in contrasto, od in
opposizione, a tali intendimenti.
E’
giusto adesso evidenziare, per meglio permettere di comprendere, quelle che
sono le differenze maggiori
Per
Magia si intende la capacità di modificare elementi o relazioni fra oggetti,
ivi inclusi gli uomini, attraverso forze della natura o entità legate al basso
psichichismo. L’operatore utilizza le forze emotive, sessuali e mentali per
“scagliare” la propria volontà contro un determinato oggetto, in forza di un
tramite. Oppure “covando” tale volontà all’interno di un simulacro[4].
Si comprenderà, a prescindere ogni valutazione di ordine morale e spirituale,
come tali operazioni sono ben lontane da un proposito di elevazione e
affrancamento dal caduco quaternario. Esse, anzi, rafforzano il legato fra
l’operatore e questo basso piano dimensionale, creando un groviglio di flussi
energetici e di magnetismi, da cui difficilmente è possibile liberarsi.
La
Teurgia, come già evidenziato in precedenza, rappresenta uno strumento
attraverso cui il Teurgo è tramite, asse, fra questo piano e quello superiore.
Opera al fine della personale reintegrazione e quella di tutta l’umanità. In
quanto attraverso il suo sacro fare, le influenze sottili si riversano sul
nostro piano. Il Teurgo al contempo, attraverso le manifestazioni della deità,
può comprendere quanto l’Opera stia progredendo. Usufruendo di simboli e parole
di potere che gli saranno concessi al compimento, se corretto in ogni sua
parte, del rituale dalla benevolenza degli Enti Superiori[5].
A
tale proposito propongo questo estratto di R. Le Forestier ("La Massoneria Occultistica nel XVIII
secolo e l'Ordine degli Eletti Coen"): "Per quanto fossero
importanti le cerimonie delle Operazioni: prosternazioni, incensamenti,
invocazioni con preghiere, tuttavia esse non erano del tutto efficaci; erano
necessarie, ma non sufficienti. Per convalidare la loro azione erano
indispensabili tre fattori: la virtù mistica dell'operante, un'influenza
astrale favorevole ed il concorso della grazia divina. La virtù mistica
dell'adepto, a sua volta, dipendeva da tre condizioni: dal suo stato di
grazia, da una soprannaturale facoltà conferitagli dall'ordinazione,
dalla cooperazione simpatica a distanza dei suoi uguali in iniziazione. La
sola precisione della cerimonia non basta" scriveva Pasqually
nel 1768 a Bacon de la Chevalerie " sono necessarie anche
l'esattezza della santità di vita [...] (all'adepto che vuole entrare in
relazione con gli Spiriti), gli occorre una preparazione spirituale fatta
di preghiera, ritiro ed attesa" (V,229). L'Eletto Coen doveva
osservare una "regola di vita" molto ascetica. Gli era proibito
"per tutta la vita", nutrirsi di sangue, grasso e rognoni di
qualsiasi animale, mangiare carne di piccione domestico (111,76/77). Con
estrema moderazione poteva darsi ai piaceri dei sensi, poiché, per poter
giungere al grado supremo, egli doveva astenersi da qualsiasi materia impura
soprattutto dalla "fornicazione (relazioni sessuali) che crea
turbamenti all'anima" (11,105)"
Da
cui emerge, chiaramente, che il rituale non può sopperire a lacune e deficiente
da parte del Teurgo. Il quale deve essere formato nell’arte e nello spirito:
giusta attesa e giusta formazione. Purtroppo spesso capita di vedere persone da
poco associate, ancora non radicate nell’Eggregore della struttura, ben lontane
da aver compreso la filosofia che anima la docetica proposta, chiedere a gran
voce di praticare rituali teurgici o maggiori. Accecati dall’orgoglio e
dall’apparenza, non intuiscono che il rituale è una via, ma in assenza delle
qualificazioni iniziatiche adeguate giammai potranno percorrerla.
Réne Guénon sulle qualificazioni
iniziatiche:” Bisogna ritornare ora alle questioni che si riferiscono alla
condizione prima e preliminare dell'iniziazione, vale a dire alle cosiddette «
qualificazioni » iniziatiche; in vero, questo soggetto è dl quelli che non è
possibile pretendere di trattare in modo completo, ma possiamo almeno
apportarvi qualche chiarimento. In primo luogo, deve ben'essere inteso che
queste qualificazioni sono esclusivamente del dominio dell'individualità;
infatti se non vi fosse da considerane che la personalità o il « Sè », non vi
sarebbe alcuna differenza da fare a tal riguardo fra gli esseri, e tutti
sarebbero ugualmente qualificati, senza bisogno di fare la minima eccezione; ma
la questione si presenta in modo ben diverso per il fatto che l'individualità
deve necessariamente esser presa come mezzo ed appoggio della realizzazione
iniziatica; in conseguenza, bisogna che essa possegga le attitudini richieste
per rappresentare questa parte, ed il caso non è sempre tale. Se si vuole,
l'individualità non è che lo strumento dell'essere vero; ma, se questo
strumento presenta certi difetti, può essere più o meno completamente
inutilizzabile, od anche esserlo del tutto. D'altronde, non v'è da
meravigliarsi, volendo soltanto riflettere che, anche nell'ordine delle
attività profane (o almeno divenute tali nelle condizioni dell'epoca attuale),
ciò che è possibile per uno non lo è per un altro, e così, ad esempio,
l'esercizio di tale o di tal'altro mestiere esige certe attitudini speciali, in
pari tempo mentali e corporee. In questo caso, la, differenza essenziale è che
si tratta di una attività appartenente al dominio individuale, attività che non
lo oltrepassa menomamente e sotto alcun rapporto, mentre, in riguardo
all'iniziazione, il risultato da raggiungere è invece oltre i limiti dell'individualità;
ma, ripetiamolo ancora, quest'ultima deve non di meno essere presa come punto
di partenza, e si tratta di una condizione cui è impossibile sottrarsi.”
[1] Ecco perché in alcuni contesti tradizionali, la teurgia, o almeno i rituali
maggiori, sono espletati da coloro che hanno ricevuto un’ordinazione
sacerdotale.
[2] Nel martinismo ciò è magistralmente rappresentato dal passaggio dalla
formula tetragrammatica יﬣוﬣ alla formula pentagrammatica יﬣשוﬣ. Dove la ש rappresenta quel fuoco
spirituale che rettifica e reintegra il dispiegamento polare della
manifestazione.
[5] Nella mia prospettiva, squisitamente gnostica, ogni definizione è valevole
sotto il profilo meramente scolastico, venendo poi riassorbita e superata dalla
pratica che conduce all’esperienza.
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