lunedì 24 maggio 2021

“E IL LOGOS SI FECE CARNE"


 “E il Logos si fece carne" In questo testo Costant Chévillon offre una disamina dell'INNO AL LOGOS e con tratto profondo ne analizza le implicazioni filosofiche e spirituali. Costant Chévillon non era estraneo a temi e riflessioni propri della filosofia greca; questo Logos fecondo, che dona la vita, richiama la filosofia stoica ma anche il concetto di Demiurgo Platonico. Al contempo, nell’immagine delle Tenebre che cercano di sopraffare la Luce, e il non mischiarsi della seconda con le prime, riecheggia forte lo zoroastrismo, dove una precosmica lotta fra due irriducibili principi ha plasmato lo spazio, il tempo e il destino dell’uomo.

domenica 23 maggio 2021

LA PENTECOSTE

 


Veni, Sancte Spíritus, et emítte cǽlitus lucis tuæ rádium.”

Carissimi Amici e Amati Fratelli,
fra tutte le celebrazioni cristiane – le quali ricordo essere forme che raccolgono un simbolismo e una sostanza che travalica nel tempo e nello spazio la piana narrazione religiosa – quella della Pentecoste è a noi la più cara e significativa. E’ essa la più cara in quanto tramanda l'effusione dello Spirito Santo dei doni sapienziali, teurgici e terapeutici negli apostoli, in coloro che hanno vissuto e testimoniato l’insegnamento in una militante vocazione: tutto hanno abbandonato e tutto hanno sacrificato per portare la parola e quanto, ben oltre l’apparire, ivi custodito. Essa, la Pentecoste, è per noi significativa in quanto costituisce la genesi di un potere, o meglio di un novero di poteri, che infonde sostanza al cristianesimo stesso, il quale – altrimenti – altro non sarebbe che un insegnamento morale in larga parte desueto e vetusto. Per quanto concerne i nostri perimetri e la nostra prospettiva, essa ci ricorda che ogni cristiano – da non confondere questo termine con cattolico – può in ogni momento e senza intercessione alcuna di casta sacerdotale ricevere questi doni particolari. Ciò accade In forza della sua aderenza spirituale alla fonte prima; in forza del suo effettivo agire e del suo retto operare. Essa al contempo ci ricorda quella mistica unione (la catabasi dello Spirito e l’anabasi dell’Anima) tramandataci nel Nymphôn. Il Nymphôn era un sacramento gnostico, attraverso il quale l'anima dell'adepto veniva "sposata" nella camera nuziale celeste con un eone del Pleroma. In questo modo essa veniva guidata e condotta nel superamento delle insidie degli Arconti, e liberata quindi dal loro potere esercitato tramite i sensi del corpo. Possiamo sicuramente immaginare che tale pratica avvenisse all'interno di una complessa cerimonia simbolica e rituale, e fosse riservata a quei discepoli avanzati nei segreti della gnosi.
Ancora la Pentecoste ci impone di ricordare come il nostro perimetro sarebbe solamente un simulacro psichico, qualora in esso assente fosse la centralità del CULTO DIVINO e della discesa del fuoco spirituale rappresentato dal fuoco spirituale. Ecco perché in questo giorno particolare vi invito a meditare, in solitudine di animo, sulla congruità di voi stessi rispetto al sentiero intrapreso; a meditare sulla vostra reale comprensione dei pesi e delle misure che lo animano. I doni arriveranno non per tutti, ma per coloro che saranno raccolti con veri fratelli nell’attesa, nella preghiera, nella meditazione e all’ombra della riconciliazione.

Nuova Diodati: Atti 2,1-11 La discesa dello Spirito Santo 1 Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. 2 E all'improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. 3 E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. 4 Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi. 5 Or a Gerusalemme dimoravano dei Giudei, uomini pii, da ogni nazione sotto il cielo. 6 Quando si fece quel suono, la folla si radunò e fu confusa, perché ciascuno di loro li udiva parlare nella sua propria lingua. 7 E tutti stupivano e si meravigliavano, e si dicevano l'un l'altro: «Ecco, non sono Galilei tutti questi che parlano? 8 Come mai ciascuno di noi li ode parlare nella propria lingua natìa? 9 Noi Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia che è di fronte a Cirene e noi residenti di passaggio da Roma, Giudei e proseliti, 11 Cretesi ed Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue!».

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mercoledì 19 maggio 2021

Louis-Claude de Saint-Martin e la Via della Preghiera

 

Louis-Claude de Saint-Martin e la Via della Preghiera. Il cammino verso il Tempio Imperituro.

È ben arduo scrivere di Louis-Claude de Saint-Martin (1743-1803), in quanto l’insegnamento che traspare dai suoi scritti è una medicina per l’anima assai indigesta per la mente dell’uomo e, soprattutto, dell’iniziato contemporaneo.

Tale discrepanza, fra la necessità di siffatto linimento e la repulsione che esso suscita in molti, è dettata fondamentalmente da due ordini di motivi. Il primo risiede nella natura squisitamente cristiana della narrazione, dei simboli, della morale e dell’insegnamento che Louis-Claude de Saint-Martin instilla, senza risparmiarsi, nei suoi scritti. Il secondo è da ricercarsi nella particolare presbiopia cognitiva che pare affliggere molti “iniziati” ed esoteristi contemporanei, i quali ricercano sempre quanto è maggiormente complicato e sottilmente artefatto, rispetto a quanto è semplice e utile per l’opera laboriosa a cui si dovrebbero sottoporre.

Ecco quindi, come pratiche quali la preghiera e la meditazione (che altro non è che una forma intensiva ed essenziale del pregare), siano considerate passive, inutili e frutto di un devozionalismo che non deve neppur sfiorare l’ombra dei loro paludamenti.

Ovviamente in ciò vi è un grande errore di metodo e di concetto. L’errore di metodo consiste nel non valutare come, necessariamente, anche il più sublime atto teurgico trovi propedeuticità nella preghiera e nella purificazione. L’errore di concetto, risiede nel considerare la preghiera un non-strumento legato al devozionalismo religioso.

Il Libro in numeri:
ISBN:
 9791280418012
Pagine: 168
Autore: Filippo Goti
Edizione: 2021
Formato: 14,8x21cm

FONTANA EDITORE

IL DEMIURGO DI RENE GUENON

 


“Le Démiurgè” è parte di una serie di articoli che, dal 1909, un giovane Guénon (1886-1951) pubblicò sotto lo pseudonimo di Palingénius sulla rivista da lui diretta “La Gnose”. E' questo un saggio che non tratta della figura del Demiurgo all’interno delle varie scuole dello gnosticismo, erroneo è il semplice ritenerlo, ma di uno scritto dove il Guénon espone la sua padronanza della metafisica orientale e, in particolare, dei testi di Adi Shankara. Adi Shankara ("colui che porta la felicità", uno degli epiteti di Shiva) fu maestro della scuola ortodossa Advaita Vedānta, commentatore delle Upanishad, del Brahma Sutra e della Bhagavad-Gita. La dottrina insegnata da Śaṅkara, conosciuta sotto l'espressione di "non dualità", cerca di indagare, percepire e comprendere il divino nella sua totalità, cercando di superare sia la dualità esistente fra osservatore ed osservato e sia quella tra Essere e Non-Essere.Il testo è qui presentato in una nuova traduzione, arricchito da numerose note esplicative e troviamo in appendice sia l’originale in francese e sia un breve saggio che tratta della figura del Demiurgo all’interno dello gnosticismo classico.

Edizioni KDP