lunedì 30 agosto 2021

Una notte in montagna


Ho vissuto la notte appena trascorsa accampato in montagna, sulla vetta di un monte a me prossimo che domina la piana fra Lucca e Pisa. Sono giunto presso la tavola irta di pietra e dominata dalla Croce poco prima del tramonto, appena in tempo per alzare la tenda.

La difficoltà, che sempre aguzza l'ingegno e tempra il carattere, di cadenzare i giusti tempi dell’ascesa, è stata propedeutica a quella di individuare il luogo maggiormente adatto: privo di pietre, spianato e che offrisse un qualche riparo dal vento che sapevo che presto mi avrebbe fatto visita, reclamando la giusta attenzione. Il vento è quell’intermezzo che separa la Luce dalle Tenebre. Trovato il luogo, sgombrato dalle residue pietre, ripulito da rovi, ho disposto la tenda sul terreno e i sei picchetti e i due paletti hanno dato forma e sostanza al mio rifugio. Dei sassi sono stati disposti a dar rinforzo e stabilità al perimetro.

Ho poi guardato il declinare del Sole, lentamente ma inesorabilmente, verso ovest: era accompagnato dal diradarsi dei rumori della quasi assente fauna diurna. Al contempo dalla piana vedevo accendersi le prime luci: bianche file geometriche segnavano le strade, punti sulla piana le abitazioni e intermittenti bagliori le auto che sfrecciavano. 

Mi sono recato alla tenda, ho cenato con un uovo sodo, qualche galletta di riso, del tonno e poi sono entrato nella tenda, quando la notte oramai era giunta al limitare dell’accampamento. Ho chiuso le due cerniere – quella esterna e quella interna – della tenda, mi sono accomodato sul materassino, ho poggiato la testa sul guanciale gonfiabile ed ho attesa. 

Ho provato stupore nel constatare come le tenebre fossero maggiormente abitate che le ore diurne, e ho appreso come la progressione che conduce al tramonto, alla serra e dalla sera alla notte sia scandita dal risveglio e dall’azione di diversi animali. Prima il frusciare circospetto di qualche roditore a caccia di grilli, poi il sopraggiungere dei rapaci ed infine il grufolare di un cinghiale. Altri rumori erano indistinti, così nel dormiveglia ho attraversato la sera e uno spicchio di luna infondeva una tenue luce che filtrava dalla tela. 

E il mattino fu preannunciato dal silenzio di tutti gli abitanti della notte; è buffo essere svegliato dal silenzio, ma accade anche questo. 


Ho aperto la tenda, ho visto l’orologio – o meglio il Garmin, ma cosa lo dico a fare, che è altra cosa rispetto ad un orologio – e ho natato che c’erano ancora 50 minuti all’alba. L’aria era freddissima, ho approfittato per fare colazione (galletta di riso, burro, caffè caldo, marmellata) ho smontato la tenda e riposto tutto nello zaino (l’arte di fare lo zaino dovrebbe essere insegnata a tutti i bambini) e sono andato a godere dell’aurora. Ho visto ad Est il blu scuro stingersi verso più tenue tinte e la linea dell’orizzonte screziarsi a poco a poca di colori pastello. Infine è sorto il Sole, prima un puntino rosso ha fatto capolino circondato da un giallo inteso e pastoso, successivamente – sempre più grande – ha iniziato a salire. L’aria è divenuta calda, è stato un ottimo momento per gli esercizi di ricarica energetica e la preghiera interiore. Quando ormai tutto era compiuto ho iniziato la discesa, fino alla cosiddetta civiltà. Subito il rumore, la frenesia, l’inutile affaticarsi di una brulicante umanità malata nella mente e nell’animo.



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