giovedì 24 dicembre 2020

Alcuni simboli del Natale


E’ pur vero che nei testi canonici, e neppure negli apocrifi del Nuovo Testamento, non troviamo menzione di animali presenti alla nascita di Gesù, ma è altrettanto vero che gli “insegnamenti” non afferiscono solamente alla sfera dell’interpretato (allegoria, metafora) o dell’attribuito (morale), ma anche ad innesti simbolici che sono posti in quelle narrazioni atte a persistere nei secoli. Ecco quindi il bue e l’asinello a raccogliere – nel loro animalesco calore – la nascita del bimbo Gesù al riparo della fredda grotta; ecco quindi due elementi che si sono stratificati nella cultura popolare grazie all’iconografia sacra di maestri come Giotto e Caravaggio.

Scriveva Benedetto XVI: “Quanto alla nascita di Gesù nella grotta, «nel Vangelo non si parla di animali», scrive Ratzinger. «Ma la meditazione guidata dalla fede, leggendo l'Antico e il Nuovo Testamento collegati tra loro, ha ben presto colmato questa lacuna, rinviando ad Isaia 1,3: "Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende"». Probabilmente, racconta il Papa, anche altri due libri della Bibbia di Abacuc e dell'Esodo hanno avuto un'influenza. «L'iconografia cristiana già ben presto ha colto questo motivo. Nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all'asino»

Orbene noi che non siamo, e non vogliamo essere, legati ad una visione povera o morale e neppure animati dall’imperversante becero attualismo cerchiamo di impegnarci nel senso che ha determinato questa inclusione: il bue e l’asinello.

Veniamo quindi all’iconografia dove abbiamo il netto contrasto fra l’apparente povertà della natività, e l’immenso valore religioso ad essa attribuita. Il quale – il valore - ci è stato tramandato come il figlio di Dio, che si fa uomo in mezzo alla miseria della gente comune e quindi in contrasto con la regalità dei potenti, dei re e dei governati nelle loro ricche regge.  Su tale lettura, su tale interpretazione, è stato intessuto il messaggio morale del cristianesimo essoterico, rivolto al popolo, alle masse di esclusi, che ha trovato in esso un motivo di “simpatia”, di coesione e di promessa di riscatto postumo.

Cerchiamo adesso di provare a dare un significato profondo a questa ierofania.

La parola Natale trova radice, e significato, nel termine latino "natalis", esso è un aggettivo che indica non solamente la nascita, ma qualcosa che riguarda la nascita. Questo aggettivo a sua volta deriva dal verbo “nascor” che nella sua forma primitiva era “gnasci”. Uno dei significati era quello di “figlio legittimo”. Discende quindi che "Dies natalis" è letteralmente "il giorno della nascita del figlio legittimo". I figli legittimi anticamente, erano i soli figli a cui era riservato il Nome, la Potenza e la Gloria della stirpe.

Così abbiamo che il bambinello è il figlio legittimo del Padre Celeste, l’unico che ne possiede il nome e l’unico che può reclamare ed accogliere quanto è suo su questa terra. La grotta è un simbolo antico, legato alla magia ma è anche – per la sua conformazione – associabile all’utero femminile. Ecco quindi, brevemente, che essa rappresenta la nascita magica – miracolosa – del figlio divino. Il quale è carne che soffre alle intemperie, è forma visibile per gli uomini ed è un corpo tangibile ma è espressione di qualcosa di che emerge su questo piano – la sacra famiglia è sulla soglia della grotta – e si espone al mondo (ierofania).

Il bue sappiamo essere tradizionalmente legato all’energia vitale, alla forza, all’agricoltura, ma simboleggia anche lo sforzo fisico necessario per vincere le asperità del terreno e permettere al contadino – dopo l’aratura – la semina.   

Inoltre Nuccio D’Anna scrive: “il bue, che il giovane guerriero era tenuto a sacrificare perché era considerato l’animale per eccellenza da immolare, l’offerta “più gradita agli dèi”, come ha sottolineato più volte Omero nei suoi poemi, quella ritenuta più adatta a propiziare la stessa trasfigurazione iniziatica del giovane guerriero giunto all’apice del rituale.”

Quindi abbiamo una doppia chiave di lettura del simbolismo del bue, una doppia chiave che trova però perfetta e sinergica comunione ideale. Esso è simbolo di quella mansueta forza attraverso cui l’insegnamento si farà strada nella terra incolta del mondo, ma è anche presagio del calvario (ciò avverrà dopo 33 anni, il momento in cui il ciclo della luna, del sole e della terra si troveranno di nuovo in corrispondenza).

L’asino è una figura il cui significato simbolico è contrastante. Intelligenza e stupidità, stoltezza e saggezza, mansuetudine e testardaggine. E’ interessante notare come nella tradizione cristiana, l’asino è un simbolo ambivalente che raccoglie a seconda delle narrazioni aspetto positivo ed aspetto negativo. Così come il bue sacrificio gradito a Zeus, anche l’asino raccoglie un presagio: sarà la cavalcatura con cui Gesù entrerà in Gerusalemme. Ma anche l’asino è legato alla magia, e a tal proposito Cardini scrive: “Certo è che il Lucio protagonista dell’Asino d’oro di Apuleio, il quale fu un devoto seguace di Iside, è appunto mutato in asino in quanto schiavo dei piaceri della carne e dell’ostinata ignoranza tinta tuttavia di un’insana curiosità per la magia. Prima di venir liberato grazie all’intercessione di Iside, l’asino Lucio viene posto anche al servizio dei sacerdoti di una divinità solare siriana”

In merito a questi due animali, troviamo queste interessanti chiose: Fulcanelli insegna che «considerati dal punto di vista della pratica alchemica, il toro e il bue erano consacrati al sole», e  di rimando Canseliet, «l’asino è il simbolo del soggetto bruto e fortemente sgraziato».

Infine nella primitiva teologia cattolica il bue e l’asino sono i popoli della terra che si presentano davanti al figlio del Padre, al Re-Messia. Il bue è il Popolo Eletto in quanto animale "puro"; mentre l'asino è i popoli pagani in quanto animale impuro.



Ora cercando, si potrebbe lungamente continuare ma non vorrei giungere a Pasqua, di dare un significato profondo, una sorta di tema meditativo, siamo innanzi ad una rappresentazione dove i simboli in essa raccolti continuamente rimandano all’irruzione del sacro sul piano umano e naturale, alla coesistenza di qualità che saranno associate alla vita di Gesù e che al contempo sono anche presagio della sua morte, quasi a voler indicare in questo fatidico momento una coesistenza fra presente (la nascita), passato (gli elementi stessi che afferiscono a culture pregresse) e futuro (la morte). Espressioni sottili che l’iniziato dovrebbe fare proprie nel suo agire con forza nel lavorare la terra (la pietra grezza) incolta e al contempo domare la propria natura passionale e viscerale. In quanto in una riassuntiva lettura possiamo vedere il Gesù che nasce, come l’Uomo che ha addomesticato la propria “carnalità-bue” e domato la propria “mente-asino”.

Essenza -Mente - Corpo la triade su cui dobbiamo lavorare.

 

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